Archive for dicembre 2012

Anatra all'Arancia

State pensando a cosa cucinare per queste feste natalizie?
Magari avreste voglia di proporre qualcosa di un pò diverso dal solito cotechino (AVE oh Cotechino!) o zampone, ma nemmeno troppo difficile..
Beh, eccovi un piatto tipico nazionale, l'anatra all'arancia.
"Ma come, non è francese?" direte voi; ebbene no! E' un piatto di origine toscana, esportato poi dalla regina Margherita in Francia, dove è divenuto un classico.
Ed ora vi presento il piatto!

Link alla video ricetta:


Ingredienti per due persone:
- 2 cosce o petti di anatra;
- 1 arancia;
- 1/2 bicchiere di vino bianco;
- 1 cucch. di zucchero o miele;
- 1 bicch.no di liquore all'arancia;
- sale;


Preparazione:

In una padella versare dell'olio extravergine di oliva e disporvi la carne; fare rosolare per qualche minuti entrambi i lati delle cosce o del petto. Quando la carne avrà preso un colore dorato, aggiungete il vino e lasciate sfumare qualche minuto.

Ora saliamo e lasciamo cuocere con il coperchio per almeno un'oretta. Mi raccomando, fare cuocere la carne con il lato della pelle verso il fuoco, in questo modo risulterà più croccante e dorata.

Nel frattempo prepariamo il sugo.
In un pentolino versatevi lo zucchero con un goccio d'acqua e, aiutandovi con un cucchiaio, fate sciogliere tutto lo zucchero; quindi aggiungete lentamente il succo dell'arancia e in seguito il liquore.

Dopo aver mescolato bene il tutto, aggiungete il succo alla pentola con l'anatra e continuate a cuocere la carne con il coperchio. Per insaporire ulteriormente la carne, potete aggiungere le scorzette dell'arancia usata in precedenza.

Se dovesse asciugarsi, aggiungete dell'acqua (io ho aggiunto 2 volte l'acqua in un'ora di cottura).
L'anatra sarà pronta quando avrà ottenuto un bel coloro dorato.

La vostra anatra all'arancia è pronta per essere servita!

Se avete usato un petto, potete presentarla come una tagliata accompagnandola con patate al forno o verdure alla griglia.

Buon appetito!

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Il peperoncino

Dal suo arrivo nel Vecchio Mondo e a seguito dei numerosi scambi che si verificarono tra Paesi lontani, il peperoncino si è evoluto in numerose specie; ha assunto nuove forme e nuove intensità di piccantezza a seconda della geografia, delle caratteristiche genetiche, dal luogo in cui viene coltivato e adoperato. Il peperoncino piccante era usato come alimento nel continente americano fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici viene segnalato già nel 5.500 a.C.  in Messico ed Ecuador, presente in quelle zone come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Cile e del Messico. Però si ritiene che il suo consumo risalga ad almeno il 7500 a.C., e che si tratti di una delle primissime specie coltivate in quel centro di origine dell’agricoltura. Quando si pensa al peperoncino, le prime immagini che ci scorrono nella mente ci rimandano agli altopiani delle Ande ( zona originale di provenienza) o alla Calabria. In realtà la sua rusticità permette una crescita ottimale  in tutta la penisola italiana. Colombo intuisce e sostiene le qualità nutritive e medicamentose del peperoncino, che trova in abbondanza e gli sembra migliore del pepe. E infatti già dal secondo viaggio,  Colombo porta in Spagna il peperoncino e lo diffonde avviandone la coltivazione della pianta nel vecchio mondo.  Si immaginava che questa potesse essere una spezia da importare con interessante profitto, ma ci si accorse ben presto che era più semplice e conveniente coltivarla direttamente in Europa.


La sua rusticità ne ha permesso una diffusione planetaria


Nel mese di maggio avviene la messa a dimora delle piantine in maniera meccanica dopo la gessatura del terreno

Coltivare il peperoncino è infatti abbastanza semplice, questa è una delle ragioni che ne hanno permesso una diffusione planetaria. Ciò che conta principalmente è di poter usufruire di luce e calore per un arco di tempo sufficientemente ampio. Alcuni aspetti della coltivazione del peperoncino richiedono una certa attenzione: una concimazione non eccessiva, un’irrigazione molto attenta, un adeguato sostegno delle piante – aspetto colturale abbastanza trascurato nei piccoli orti – e una raccolta accurata data la delicatezza dei frutti. In compenso questo ortaggio è capace di dare il proprio prodotto per un lungo periodo e i peperoncini, conservati con differenti modalità, possono arricchire la mensa per quasi tutto l’anno.  Nella fase di ingrossamento dei frutti è necessario irrigare spesso ma con limitate quantità d’acqua a mezzo di manichette preferibilmente. La semina viene normalmente effettuata in serra riscaldata da gennaio a marzo, con  trapianto in pieno campo  da fine aprile a fine maggio. Questo permette alla pianta di completare il proprio ciclo vegetativo e produttivo prima della successiva epoca delle gelate.

Dopo la messa a dimora avviene l’irrigazione  tramite manichetta per impedire l’appassimento 
Nessuna delle varietà coltivate sopporta il gelo e può soccombere se non adeguatamente protetta. Chi desidera mantenere le piante per l’anno successivo, dovrebbe pertanto coltivarle in vaso e riporle al riparo dal gelo, ma con un’adeguata fonte luminosa. Per quanto riguarda il terreno, il peperoncino predilige un terreno di medio impasto, ben strutturato e ben dotato di sostanza organica. La rotazione è importante per evitare i fenomeni di stanchezza del terreno e lo sviluppo di parassiti ed infestanti. La raccolta può avvenire da luglio a ottobre con i frutti che a piena maturazione saranno sempre rossi o al massimo sul giallino. Oggi nel mondo vengono coltivate numerose varietà di peperoncino, differenti per grandezza  e forma del  frutto , soprattutto per livello di piccantezza. Botanicamente appartiene alla famiglia delle Solanacee ( stessa famiglia di patate e pomodori) e il suo nome scientifico è capsicum. Le cinque specie coltivate sono il Capsicum annuum, il Capsicum baccatum, Capsicum fruttescens ( ne fa parte il tabasco), Capsicum chinense ( che include alcune delle varietà più piccanti, come l’Habanero e il Bhut Jolokia) e il Capsicum pubescens. Di queste specie principali esistono poi centinaia di varietà.                                                         

La piccantezza e la “scala di Scoville”

Le varietà di peperoncino sono molte ma tutti devono il loro sentore di piccante alla  capsaicina. È  contenuta nel peperoncino in diverse quantità e attiva le fibre nervose collegate ad un canale ionico. Il canale si apre lasciando passare ioni Na+ e Ca2+ dove la depolarizzazione induce lo stimolo neurormonale al cervello. La biosintesi della capsaicina avviene nell’ovario del seme. Il tessuto placentare del frutto contiene la maggior quantità di capsaicina. La scala di Scoville misura l’intensità di piccante che, partendo dallo 0 per il peperone comune, arriva a 300.000 SHU per la varietà Habanero proveniente dal Messico , 577.000 SHU per l’Habanero Red Savina ed ora supera 1.000.000 SHU per la varietà Bhut Jolokia, Naga Moric e Dorset Naga. Da ustione!                                                   
La scala di Scoville si basa proprio sulla quantità di capsaicina contenuta nel peperoncino e indica quante volte bisogna diluirlo in acqua zuccherina per avere un effetto nullo.

Può avere varie funzioni in cucina:  da semplice aromatizzante a ingrediente principale per la “concia" di alcuni salumi meridionali

Una delle principali caratteristiche del peperoncino è la versatilità. In cucina può essere utilizzato sia fresco che essiccato o in polvere per insaporire salse, sughi, ma anche carni, pesci, formaggi e salumi. In taluni casi può costituire non solo un aromatizzante, ma un ingrediente vero e proprio. Nel corso dei secoli è diventato uno dei principali condimenti utilizzati nella cucina mediterranea, in particolare nelle regioni del sud Italia che ne hanno fatto la base per diversi prodotti tipici regionali. Spicca tra queste la Calabria, dove il peperoncino è un vero e proprio culto, che offre tra l’altro diversi insaccati, tra cui la ‘Nduja, a base di carne e grasso di maiale e molto peperoncino in polvere. Armonizza bene il grasso, degustando i prodotti della salumeria calabrese si avvertono infatti sapori caldi e pieni dove i sapori sono esaltati senza essere coperti. Pur avendo un sapore forte e robusto ben si presta a completare una preparazione delicata come i bianchetti ( la neonata) che è una preparazione ittica a base di novellame di pesce dove Trebisacce, un piccolo porto ittico dell’Alto Jonio cosentino,  rientra tra le zone di produzione più rinomate. Inoltre è uno degli ingredienti del cocktail Bloody Mary. 

Non sono i semi che rendono il frutto piccante bensì il tessuto placentare

La capsaicina ( l’alcaloide maggiormente presente nel frutto che determina la piccantezza) si concentra nella parte superiore della capsula, dove ci sono ghiandole che la producono, diffondendosi poi lungo la capsula. Al contrario di quanto si crede comunemente, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, che contiene la maggior parte di capsaicina: quindi è quasi inutile togliere i semi per ridurre la piccantezza del frutto, mentre è consigliabile togliere la placenta. 
Varie tipologie di peperoncino  frantumato e macinato
Il suo gusto trova spazio nelle preparazioni culinarie di tutto il pianeta

All'estero il peperoncino è usato molto in Messico (nelle salse, nel chili con carne), in Nordafrica (dove è alla base della harissa) ed in India. Le cucine indiana, indonesiana, cinese sono associate all'uso del peperoncino, sebbene la pianta sia arrivata in Asia solo dopo l'arrivo degli europei. Una volta macinato il peperoncino modifica l'intensità del gusto: il grado di piccantezza però varia non solo in base alla varietà di peperoncino scelta, ma anche in base al grado di maturazione: infatti più è maturo e più è forte. Inoltre lo stress ambientale, tra cui la siccità e il freddo, accentua il sapore piccante.

Un portento di vitamine e una marcata attività afrodisiaca

 Il peperoncino è anche il cibo più  ricco di vitamina C: ne contiene ben 229 mg per 100 g di prodotto ( praticamente cinque volte più delle arance) ed è anche ricchissimo di vitamina A, bisogna però considerare che, date le piccole dosi che se ne usano, l’apporto di vitamine non è altissimo. Grazie alla produzione di endorfine, il peperoncino agisce come antidolorifico sulla mucosa dello stomaco. 
Peperoncini intrecciati messi ad essiccare
Agisce a livello intestinale come  potente disinfettante. Gli effetti antiossidanti hanno portato alcuni studiosi ad ipotizzare effetti  anticancerogeni. La capsaicina inoltre aumenta la secrezione di succhi gastrici, favorendo così la digestione. In alcune regioni meridionali si conserva la tradizione di preparare un infuso digestivo fatto con camomilla calda, un cucchiaino di peperoncino in polvere e addolcito con miele. Infine, un cenno alla virtù più decantata: quella afrodisiaca. Sembra che esista un legame tra il piacere piccante del peperoncino e quello dell’arte di amare, il segreto secondo gli scienziati sarebbe nell’attività vasodilatatrice che  richiamerebbe il sangue nelle zone erogene stimolandone la funzionalità.

Spegnere il “fuoco”

 Per mitigare un eventuale eccesso di bruciore il metodo migliore è bere il latte, oppure yogurt o un qualsiasi formaggio a pasta morbida o latticino. La caseina infatti ha la capacità di rimuovere la capsaicina dai recettori nervosi. La capsaicina si scioglie molto bene anche nei grassi e nell'alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa. Per le alte concentrazioni, come nell'Habanero Red Savina o estratti vari, il modo più efficace è usare del ghiaccio come anestetico.


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Risotto alla zucca

Ed ecco finalmente, dopo tanti mesi (forse vite^^), una nuova ricetta!
La stagione è perfetta per piatti a base di..ZUCCA.
Chi non la ama? Forse i più piccoli.. si sa, è un gusto particolare e ricordo che agli inizi mi incuriosiva ben poco, ma appena il palato si affina, TRACK: me ne sono innamorata!
Ebbene, vi propongo una ricetta classica che forse tutti noi conosciamo, magari con diverse varianti.
Il risotto alla zucca; il sugo non è altro che il ripieno utilizzato in famiglia per fare i tortelli di zucca, semplicemente diluito un po' di più. Facile no? :)

La videoricetta:


Ingredienti per 2 persone:
- 200 g di riso (NON parboiled);
- un trito di cipolla o scalogno;
- 300 g di zucca cotta;
- 50 g di parmigiano reggiano;
- 40 g di amaretti tritata;
- noce moscata q.b. ;
- una noce di burro;
- vino bianco;
- brodo per la cottura;


Preparazione:
Prepariamo subito il brodo vegetale o di carne per la cottura del riso.
Quindi in una padella facciamo sciogliere il burro e mortifichiamo la cipolla o scalogno tritato precedentemente. Una volta che sarà translucido, possiamo aggiungere il riso e lo facciamo tostare per qualche minuto.
Proseguiamo aggiungendo il vino, lo lasciamo sfumare qualche istante e versiamo la purea di zucca cotta. Mescoliamo bene e infine copriamo il livello del riso con il brodo, abbassiamo la fiamma (medio-bassa) e facciamo cuocere il riso. L'unico pensiero che abbiamo sarà quello di aggiungere altro brodo se il riso dovesse asciugarsi.
Verso fine cottura, aggiungiamo una grattugiata di noce moscata e gli amaretti tritati.
Solo quando il riso sarà cotto, spegniamo il fuoco e versiamo sul riso il parmigiano grattugiato. Dopo aver mescolato, lasciamo riposare il risotto nella padella per 1-2 minuti.
Il vostro risotto alla zucca è pronto per essere servito!
Al naturale, con altro parmigiano reggiano o con qualche goccia di aceto balsamico.
Buon appetito!

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